La prima campagna social per lanciare un messaggio di speranza e positività legata al food è nata con un grembiule con il messaggio “Milano continua a cucinare” (Milano keeps on cooking), la cui vendita aiuta l’Ospedale Luigi Sacco della capitale lombara. I ristoratori hanno deciso di chiudere i loro locali temporaneamente ma non smettono di coinvolgere la clientela online con iniziative importanti per tener loro compagnia (finora sono 40 i professionisti coinvolti, tra cuochi, pasticceri e pizzaioli).
Tra le iniziative di cucina a domicilio da non perdere, “Daniel Canzian a casa tua”: quattro diversi menù e una proposta di finger food per l’aperitivo si possono prenotare direttamente dal sito dell’omonimo ristorante dello chef.
In ottima compagnia, a dire il vero, perché anche Wicky’s introduce il take away e delivery per gustare la cucina giapponese gourmet (qui il menù a pranzo e cena). Si tratta di una selezione di piatti freddi, tra cui il famoso carpaccio dei cinque continenti, di sushi e pietanze calde di carne e pesce, preparati in scatole biodegradabili. Il servizio a domicilio – da martedì a venerdì tra 12.30 e 14.00 e tra 19 e 22 – prevede tempi rapidi nel territorio di Milano (da 30 a 60 minuti) con consegna in taxi (15 euro di costo di consegna sotto i 120 di spesa).
Nei dintorni vanno segnalati altri tre locali prestigiosi che hanno pensato ad iniziative delivery: il Ristorante Il Moro di Monza, Da Mimmo a Bergamo Alta (consegna a 6 euro per ordini inferiori ai 35 euro, gratis se superiori) e Da Vittorio, tre stelle Michelin a Brusaporto (BG) con tre menù da quattro portate, dall’aperitivo al dolce.
Anche Filippo La Mantia ha messo il suo talento per portare a casa del pubblico affezionatissimo i piatti più famosi, grazie al servizio Cosa porto. E ha raccontato il motivo di questa scelta coraggiosa.
Il cibo non è solo il carburante del nostro corpo ma anche un modo per prenderci cura degli altri. Cosa rappresenta per lei?
Il cibo appartiene a tutti e di conseguenza riequilibra le nostre ansie e gioie. Ha sempre risolto problemi, povertà, disagi. La famiglia si è sempre riunita intorno ad un tavolo e – attraverso la generosità delle donne – pochi ingredienti hanno dato gioia e ricordi a tutti noi.
In un momento così delicato come quello che stiamo vivendo come è arrivato alla decisione di chiudere il ristorante?
Penso che sia stata una delle decisioni più dolorose e difficili della mia vita. Sai, quando si possiede qualcosa pensi che sia tutto normale e scontato. Anche i miei ragazzi lo pensavano e lo vivevano, a volte, in maniera distaccata ma continuativa. Con l’avvicinarsi del ‘nemico’ leggevo nei loro sguardi angoscia ed il gruppo si è legato e ha cercato fino all’ultimo di dare alla gente qualcosa di piacevole e di fare sentire a casa le persone. Quando non ho saputo dare più risposte alle loro domande ho capito che per un periodo si è chiuso un capitolo. Ma la sicurezza di ognuno di noi è fondamentale.
Quando si pensa a cibo a domicilio la prima associazione non va al cibo gourmet, pensa che d’ora in poi la situazione possa cambiare?
Prima dovremmo capire cosa vuole dire ‘cibo gourmet’. Il cibo lo definisce il bisogno. Ci sono momenti della nostra vita che ci avviciniamo a progetti più evoluti. Progetti scaturiti dalla mente di donne e uomini che hanno una visione del cibo, per me, inarrivabile. L’ingrediente è sapientemente trattato con tecnica ed esperienza rendendolo qualcosa di unico, come un viaggio o un’opera d’arte. Ci sono progetti che rievocano sempre e comunque la casa e che lasciano ricordi di altro genere. Ricordo che l’ultimo giorno di apertura i clienti più affezionati sono venuti a trovarmi per condividere con me il problema e lì ho capito che sono loro i miei punti di riferimento a prescindere da come percepiscono il cibo, gourmet o casalingo. Io non posso definire qualcosa che mangia una persona. Loro sono i consumatori finali e hanno il diritto di interpretarlo a loro immagine e somiglianza.
E al tempo stesso pensa che più chef dovrebbero sfatare il pregiudizio per cui il cibo d’asporto non è stellato o toglie qualcosa all’esperienza di gustarlo in un locale?
Ma parliamo di due cose differenti. Il cibo a domicilio è paragonabile al room service in un albergo. Il momento è importante. Se voglio regalarmi un comfort a casa e ci sono strutture accreditate che mi portano il cibo, ed è anche buono, allora ben venga. Ma non mi sento di catalogare anche questo. Ovviamente il servizio a domicilio, come scritto prima, continuerà anche dopo a prescindere delle categorie. Il bisogno e le emergenze servono anche a questo, a varcare soglie che prima non prendevi in considerazione. Senza nulla togliere al fatto che mangiare in un ristorante è differente.
Personalmente, qual è la sua ricetta del buonumore, ossia qualcosa che prepara a se stesso come comfort food?
Il ‘mio’ piatto del comfort è spaghettone con alici di cetara, capperi, peperoncino fresco, olio molto buono, succo di limone e mollica di pane tostata.
C’è un consiglio che si sente di dare in questo momento?
La consapevolezza di quello che siamo la raggiungiamo quando ci viene tolto tutto. In questo momento storico dobbiamo solamente partecipare in maniera attiva al rispetto del genere umano. Non possiamo pensare ed agire al singolare ma la plurale. Da soli non si fa nulla. Ci stiamo rendendo conto che certezze non esistono. Tutto è legato ad un filo sottilissimo a cui noi tutti siamo aggrappati e quel filo, che per me è la vita, non regge tanto peso. Dovremmo essere tutti più leggeri.
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