Trasformare lo smart working da scelta imposta a spazio individuale da cui lavorare in serenità? Non si tratta di una missione impossibile, ma di un modo salutare ed efficace per affrontare l’emergenza sanitaria in corso.
Ne abbiamo parlato con Alessandra Longobucco, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, che ha offerto consigli concreti per non farsi prendere dall’ansia e per vivere al meglio il telelavoro.

«Innanzitutto» – spiega la dottoressa – «facciamo una distinzione tra chi vive solo e si butta a capofitto nella professione anche per riempire il tempo e chi, invece, a casa ha una famiglia e deve fare in mondo che la propria occupazione non entri in conflitto con la convivenza domestica».

IL TEMPO

Per entrambi valgono gli stessi principi. «Partiamo dall’orario, che deve avere un inizio e una fine, con pausa di 10-15 minuti ogni due ore. Il break serve al doppio scopo di decomprimere ed essere più efficaci e produttivi. Il cervello ha bisogno di defaticarsi, soprattutto con il sopraggiungere di situazioni estreme di natura allarmanti. Possono essere utilizzare in vario modo, camminando per l’appartamento o cercando un contatto per ricreare l’esigenza di socialità insita nell’animo umano e anche per rivivere le esperienze con i colleghi, ad esempio la tipica chiacchierata davanti alla macchinetta del caffè. Basta una telefonata o una videochiamata su WhatsApp o Skype. I ritmi della giornata vanno scanditi, per non finire in un flusso indistinto che “rischia di mescolare tutto e sovraccaricarci».

«La normalizzazione di una nuova routine», continua l’esperta, «passa anche attraverso confini da stabilire quando l’orario di lavoro è concluso. “Nella situazione attuale, infatti, il tempo trascorso davanti al monitor aumenta e quindi è necessario limitare l’uso di altri device, ad esempio, per cercare informazioni in arrivo dall’esterno perché la sovraesposizione mediatica del Coronavirus aumenta l’ansia».

LO SPAZIO

«Stabilire un perimetro, anche se virtuale, aiuta a contenere le variabili fuori controllo, quindi per ricreare l’equilibrio precedente l’emergenza occorre ricreare un proprio spazio di lavoro con alcune caratteristiche specifiche che includono “la comodità, la funzionalità e la luminosità».

La comodità però non va confusa con la sciatteria: «non è necessario indossare un abito formale come un tailleur o un completo da ufficio, ma mantenere comunque un decoro sì, quindi meglio evitare pigiama e ciabatte e concedersi del tempo a inizio giornata per prendersi cura di sé».

IL TOCCO PERSONALE

Pur ricreando uno spazio di lavoro, fa bene circondarsi di un tocco personale che permetta di stare bene in questo ambiente “riconvertito”. Come fare? «Smartworking vuol dire organizzare la propria occupazione con quello che è più funzionale per noi. Non si tratta di una scelta, quindi bisogna ritrovare la libertà di farlo al nostro meglio». Nel caso in cui più persone sotto lo stesso tetto abbiano le medesime esigenze è consigliabile separare gli spazi: «è una questione di confini per essere tutti più efficaci».

La personalizzazione dell’angolo di lavoro implica anche il desiderio di bellezza – e quindi di design – e include l’uso di colori rilassanti e poltrone ergonomiche per favorire una buona postura «perché ci mette in uno stato di gioia e benessere e ci predispone a lavorare meglio perché maggiormente a nostro agio». Evitiamo terrazze, balconi o giardini (“troppe distrazioni”), meglio una stanza interna possibilmente vicina ad una finestra o comunque ben illuminata. No anche ai pasti nell’ambiente convertito a studio: «Il rischio – dice – è quello di non staccare mai».

IL RELAX

Quando la tensione sale, forse perché arrivano notizie dall’esterno di natura preoccupante, è bene staccare, chiudere gli occhi, concentrarsi sulla respirazione e provare a fare un po’ di meditazione. «La pratica della mindfulness – spiega la dottoressa – può aiutare molto a focalizzarsi sul presente, lasciando andare le preoccupazioni in modo non giudicante e ricentrandosi». Può aiutare anche un’azione fisica concreta per disconnettersi da questo circolo vizioso di pensieri negativi: «leggere, ascoltare la musica o persino pulire la casa sono tutte attività che possono aiutare».

IN CASA CON I BAMBINI

La situazione diventa più delicata se in casa ci sono dei bambini. «Non solo – continua l’esperta – bisogna organizzare per loro delle attività dedicate, ma spiegare loro la situazione in modo semplice e senza allarmismi, l’esigenza dei genitori di lavorare e al tempo stesso di condividere con loro le proprie emozioni. Imponendo un nuovo regime rischia invece di creare tensioni».

LA PROGETTUALITÀ

Ristabilire degli obiettivi è molto salutare per arginare l’attuale disorientamento: «Fissare dei traguardi – come incoraggia a fare la dottoressa – «è fondamentale a livello professionale e personale. Si parte da micro-obiettivi, come leggere un tot di pagine al giorno di un libro, e si arriva a pensare a lungo termine, visualizzando l’abbraccio di una persona cara che ora non si può vedere o immaginando un viaggio. Non dico di prenotare le vacanze estive, sarebbe prematuro, vista la situazione, ma aiutarsi con l’immaginazione». Piccoli-grandi aiuti concreti possono essere di natura visiva e includere post-it motivazionali, foto di un viaggio passato o una cartolina ricevuta da un amico.

NO, GRAZIE

Infine, meglio tenere ben lontane le ricerche continue e ossessive di informazioni «che ci mettono in un continuo stato di allerta. Va bene essere informati, ma in modo responsabili, sui canali ufficiali e sui siti affidabili per non incrementare una condizione di paranoia. Essere troppo indulgenti con se stessi non fa bene e neppure procrastinare, in questo momento più che mai abbiamo bisogno di collettività. Fermiamoci un attimo a riflettere: la frustrazione è comprensibile ma questo è un fenomeno collettivo e le misure applicate sono nell’interesse di tutti. Ha ragione chi dice che oggi si può salvare il mondo stando a casa. E non è poco».

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