PIERO GEMELLI CON MARIA VITTORIA BARAVELLI A PRANZO CON L’ARTE

In fondo è una festa speciale quando si è bambini, quando si è travolti da quella magica attesa che qualcosa di straordinario stia per accadere. Il fascino dell’albero decorato, il mistero dei doni e per chi crede, qualcosa di ancor più profondo e religioso. Ma come può essere il Natale in un anno di pandemia? Converrete che il 2020 sia  stato un anno complicatissimo fatto di dispiacere, sofferenza e in cui tutti i nostri piani ed equilibri sono inesorabilmente sfumati. Un lungo periodo di attesa, in cui i nodi sono purtroppo venuti al pettine perché la condizione della pandemia non ha colpito solo sotto forma del virus, ma si sia insinuata in altre e nelle più profonde dinamiche che regolano i rapporti tra gli esseri umani.

Viviamo in una società molto strana, in cui il lavoro, la prestazione a volte purtroppo anche solo l’apparenza risultano essere i modelli vincenti. Una realtà in cui ogni nostra delicatezza sembra essere bandita, ogni fragilità additata ed una eccessiva sensibilità condannata. Quest’anno e questo momento dovrebbero averci insegnato questo e cioè  la costanza  e la risolutezza che ci viene richiesta per essere ciò che vogliamo essere davvero.

La tavola che proponiamo per questo Natale strano e sospeso è un cameo, non alla purezza dell’infanzia perché presupporrebbe una visione nostalgica e rivolta esclusivamente al passato, ma un invito a riscoprire il fanciullino di pascoliana memoria che è in noi. E qual è l’animale, che fin da quando eravamo piccoli porta con se una delicata purezza? I cerbiatti, esserini tenaci eppure apparentemente fragili e dal manto bellissimo. Abbiamo pensato ad una famiglia allargata, una famiglia in cui ognuno possa riconoscersi, perché siamo noi in primis a scegliere le regole della partita a cui giocare. Una riunione, in cui vige il rispetto, la pace  la calma e la  promessa.

Perché nel silenzio e nella maglia del bosco ci si possa  finalmente ritrovare insieme.

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