Design by Sandra Weingort. Ph. by Don Freeman
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Design by Sandra Weingort. Ph. by Don Freeman
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Design by Sandra Weingort. Ph. by Don Freeman
Design by Sandra Weingort. Ph. by Don Freeman
Design by Sandra Weingort. Ph. by Don Freeman (@freemanstudio)

L’interior designer colombiana Sandra Weingort è convinta che il design, per essere eccellente, debba inspirare un senso di leggerezza e agio, e creare uno “sfondo” piacevole e rilassante per la vita quotidiana. Per il suo cliente Joaquìn Mollá – pubblicitario di successo, nonché studente di buddismo e collezionista d’arte e design – ha realizzato nel cuore di Manhattan un appartamento accogliente, ispirato all’estetica e alla cultura giapponesi che entrambi amano.

«Joaquín Mollá mi ha chiesto di progettare a New York un pied-à-terre che sembrasse “la casa di un modernista giapponese settantenne”. Anche se in realtà lui è molto più giovane», spiega la designer.

Qual è stata la sua reazione quando ha visto l’opera completata?
«Assolutamente entusiasta! Dal punto di vista stilistico eravamo allineati al 100%. Ho avuto quattro mesi di tempo per completare il progetto, ma la sua fiducia e la nostra passione comune per gli oggetti e i mobili giapponesi di metà Novecento, unite alla sua straordinaria collezione di opere d’arte (con molti artisti emergenti che non conoscevo), ha reso il processo piacevole ed efficiente. Per coinvolgerlo ed entusiasmarlo è bastato mostrargli ogni pezzo di arredamento vintage che trovavo: più gli oggetti erano rari, più eravamo entrambi emozionati».

Ci parli degli arredi più interessanti.
«I pezzi più rari includono sia arredi costosi, come le sedie di Jeanneret, il divano Pearsall o il tavolo Nakashima, sia la piccola testa africana che ho utilizzato come tavolino accanto alle sedie, e il lungo tavolo wabi-sabi accanto alla finestra».

Qual è lo spazio della casa che lei e il proprietario preferite?
«Per entrambi è il soggiorno/sala da pranzo/stanza degli ospiti, dove gli spazi fluiscono gli uni negli altri creando un senso accogliente di “loft”».

Quali sono state le sfide più complicate che ha dovuto affrontare durante il progetto?
«Trattandosi di un edificio di nuova costruzione, all’inizio lo spazio era solo una scatola bianca senza alcuna emozione. Aveva però una luce e un’altezza straordinarie, e quindi un grande potenziale per diventare una casa accogliente. Ho sentito il bisogno di riscaldarla, di darle un’anima aggiungendo un tocco sofisticato e materico e accentuando l’altezza dei soffitti. Per questo ho deciso di scoprire le lastre di cemento del soffitto, un lavoro meticoloso realizzato completamente a mano, perché mantenesse un senso di autenticità. Ho anche voluto contrapporre in modo netto l’altezza con i mobili, per enfatizzare il senso di spazio, luce e aria: per questo ho voluto che tutti gli arredi fossero bassi. Il cliente era d’accordo con me sul fatto che con tutta questa luce avevamo l’opportunità di utilizzare colori scuri e intensi, e materiali grezzi (come l’acciaio del tavolino e il mix di diversi legni scuri dei mobili), senza che l’effetto risultasse triste, al contrario».

Qualche aneddoto curioso?
«La casa è 130 metri quadrati, e sia l’ingresso sia i corridoi sono piccoli. Per fare entrare il divano Adrian Pearsall – il pezzo più grande – abbiamo dovuto dividerlo in tre parti: le gambe, la piattaforma di legno e la tappezzeria, e abbiamo dovuto farlo riassemblare sul posto da un tappezziere specializzato».

Dove si trova la casa?
«Nel Lower East Side, su Rivington Street, un quartiere pieno di energia, storia, cultura e personalità. Per me era importante riuscire a infondere all’appartamento l’eclettismo di questa zona».

Come descriverebbe il risultato finale?
«Un luogo tranquillo e intimo con un bellissimo mix di rari e interessanti pezzi d’arredo e oggetti giapponesi Midcentury e ricco di arte contemporanea».

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