Palm Springs Modernism Week, ph. Simple Flair
Simona Flacco, ph. Simple Flair
Palm Springs Modernism Week, ph. Simple Flair

Palm Spring, febbraio 2020: il deserto intorno, le palme come screensaver e un rullino di foto dedicate all’architettura midcentury. La Modernism Week è un’occasione: quella di tornare in California, quella di entrare in alcune case che durante gli altri giorni dell’anno non sono sempre accessibili, quella di celebrare un momento storico. La Modernism Week  è una fotografia sul passato che mantiene la sua forza estetica, progettuale e comunicativa ancora oggi.

Palm Springs si trasforma una sorta di museo a cielo aperto per gli amanti dell’architettura: qui convivono attraverso le proprie opere, come fossero pacifici vicini di casa, John Lautner, Albert Frey e Richard Neutra  insieme ad una costellazione di progettisti che negli stessi anni hanno trasformato Palm Springs in un’oasi fisica e mentale per chi vuole toccare con mano l’architettura.

E c’è dell’emozione quando dalle due dimensioni delle celebri foto di Julius Schulman si passa alle tre dimensioni: si aprono porte su scenari visti troppe volte in molte immagini senza poterne percepire fino in fondo la qualità progettuale, le profondità. Il calore del legno, i piedi che affondano in una moquette, cielo e sabbia che sembrano mescolarsi all’interno di ogni progetto. A Palm Springs durante la Modernism Week sembra valere tutto e il contrario di tutto: la ricchezza delle variabili umane e il deserto; la voglia di non ripartire mai più e il chiedersi come si possa vivere una vita lì; l’architettura da togliere il fiato e strade infinite costeggiate da zone troppo commerciali. 

Noi abbiamo respirato l’architettura e la sabbia, abbiamo preso a piene mani tutto quello che questa esperienza ci ha regalato e siamo tornati con in testa John (Lautner), Albert (Frey) e Richard (Neutra) che sembrano non voler più farsi dimenticare. Ecco le case che più abbiamo amato.

Frey House II




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Un angolo tra cielo, sole e roccia che Albert Frey poteva chiamare casa. Meno di cento metri quadri per realizzare un’icona midcentury, con il confine tra interno e esterno che sparisce, lasciando che la roccia diventi un’angolo di casa e che il giallo dei fiori del deserto diventi il colore di una tenda.

Wave House




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Disegnata negli anni Cinquanta da Walter S White e recentemente ristrutturata dallo studio di LA Stayer Architects, la Wave House ha aperto per la prima volta le sue porte proprio in occasione della Modernism Week. Se il nome deriva chiaramente dalla forma che caratterizza la copertura, al suo interno la ristrutturazione ha riportato alla luce ogni dettaglio di un progetto che nell’articolazione degli spazi e delle soluzioni progettuali ha trovato anche la sua cifra estetica. La palette cromatica e i materiali sono l’essenza della Wave House e della sua ritrovata bellezza.

Cree House




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Qui si rintracciano alcuni dei tratti distintivi di Albert Frey, una sorta di manifesto progettuale dell’architetto svizzero che aveva scelto di vivere a Palm Springs ed era stato allievo di Le Corbusier. La posizione della Cree House, gli interni e gli esterni che si mescolano per diventare un unicum, la fibra di vetro, il giallo e l’azzurro del cielo, quella copertura così sottile da sembrare una linea.

Abbiamo aperto le porte di queste case, sbirciando in ogni angolo, ma ne abbiamo scoperte altre, viste anche solo dall’esterno per rubarne alcuni frammenti della quotidianità; e abbiamo passeggiato tra le strade di Palm Springs dove anche solo una banca può trasformarsi in un’icona midcentury. 

Reportage a cura di Riccardo Crenna e Simona Flacco – Simple Flair – in esclusiva per AD Italia

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