The Bradbury Los Angeles
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Il Bradbury Building di Los Angeles è uno degli edifici più caratteristici dell’area di Downtown. Lo abbiamo visto spesso al cinema: ne La fiamma del peccato, capolavoro di Billy Wilder. In Blade Runner (alcune delle sue sequenze più memorabili, compreso il monologo sul tetto del replicante, sono state girate lì) ma anche in The Artist. E oggi diventa – nell’intero primo piano – uno spazio per co-working del gruppo americano NeueHouse.

Una sala riunioni del co-working NeueHouse Bradbury, all’interno del Bradbury Building di Los Angeles. Foto di Nikolas Koenig.

Un po’ di storia. Era l’inizio del 1892 quando Lewis L. Bradbury, cercatore d’oro diventato milionario, iniziava a pensare a un «palazzo grandioso» da costruire a Los Angeles. Lui morì nel luglio di quell’anno, ma questo non fermò il progetto. L’edificio venne aperto nel 1893 e inaugurato l’anno successivo. Il budget iniziale, 175.000 dollari (a quell’epoca, una fortuna) era salito a 500.000 anche per la cura messa in ogni dettaglio: ringhiere in ferro battuto (fatte realizzare in Francia, erano state esposte all’Esposizione Mondiale di Chicago del 1893 prima di essere installate), fregi in terracotta e in marmo italiano, le più grandi finestre a pannello singolo di tutta la città. Nel 1977 è stato dichiarato monumento nazionale.

Dall’esterno appare come un volume semplice, cinque piani in mattoni in stile neo-rinascinentale. L’interno è spettacolare: un atrio a tutta altezza sormontato da un grande lucernario. Due scale e due ascensori a gabbia, anche loro in ferro battuto, collegano i vari livelli. Pensato come edificio per uffici, nella sua lunga storia ha ospitato anche il Museo di Architettura e Design della città (2001-2003).

Fotogramma da “Blade Runner” (edizione dvd, distr. Warner Bros.).

Oggi tutto il primo piano è stato trasformato in uno spazio per co-working. Il progetto di ristrutturazione e di design di interni è stato seguito dallo studio canadese DesignAgency, che hanno voluto creare un’atmosfera sofisticata e lontana, per quanto possibile, dall’immagine di un luogo di lavoro.

La superficie, poco più di 2.300 metri quadrati, è stata suddivisa in uffici privati, sale riunioni, “cabine del telefono”, aree lounge e una serie di spazi comuni: un caffè/ristorante, un bar e una sala wellness. Sono stati conservati molti elementi architettonici e decorativi: i caminetti (venti, originali dell’epoca), la travatura in legno dei soffitti, le famose finestre (alte 3,4 metri). Per l’arredamento, specie nelle aree legate al relax e alla convivialità, molte piante e sedute dalle linee morbide. Con tocchi discreti di design (come le lampade del bar, del britannico Lee Broom) e di arte contemporanea, con opere esposte a rotazione scelte in collaborazione con gallerie locali.

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