Manuela Alessandra Filippi (per gli amici MAF) vive a due passi dalla Pinacoteca Ambrosiana. Storica, scrittrice, storyteller, fondatrice di Città nascosta Milano, realtà con la quale dal 2010 ha contribuito a innovare il modo di vedere e raccontare il capoluogo lombardo.

Come descriveresti lo stile della tua casa?
«Non convenzionale, sia nei colori che nello stile, dall’impronta mitteleuropea. È un mix di storia di famiglia e storia personale, di mobili antichi e opere contemporanee. Si trova nel cuore della città, in un palazzo che ha una storia secolare che risale all’epoca spagnola. Quello fra me e questa casa è stato un colpo di fulmine: ci siamo scelte a vicenda e fino ad oggi è il “rapporto” più lungo che abbia mai avuto con un appartamento! Non è minimalista. Avendo perso mio padre a 19 anni non ho mai veramente saputo cosa volesse dire avere una casa vuota. Però ho sperimentato fin da piccola cosa volesse dire avere “una casa nomade”: da quando sono nata ne ho cambiate 29 e questa è la trentesima, la più amata, ci vivo da 12 anni».

Quali sono i pezzi chiave?
«Difficile a dirsi. La maggior parte arriva dalla mia famiglia, sono tutti un pezzetto di cuore e di radici. Tuttavia non mi sono stati imposti: sono frutto di una scelta fatta con scrupolosa attenzione. Poi ci sono le cose che ho scelto lungo il mio cammino, principalmente tre categorie: libri, lampade e arte contemporanea. In una ipotetica classifica dei 3 pezzi chiave della mia casa dunque ci sarebbero: la coppia di divani della nonna rivestiti con un velluto variopinto tessuto in esclusiva da un’azienda tessile lombarda; la libreria; le opere contemporanee: la mia passione, una lunga storia d’amore anche questa».

Che cosa hai fatto in casa in questi giorni di quarantena?
«Dall’inizio della quarantena la mia giornata inizia alle 7 con la messa a Santa Marta di papa Francesco. Le sue omelie mi hanno fatto compagnia lungo tutte queste settimane: sono una fonte inesauribile di ispirazione e arricchimento interiore. Dopodiché, fatta colazione, mi preparo, mi vesto (possibilmente ogni giorno in modo diverso), e mi metto alla mia scrivania. Scrivo moltissimo: sto lavorando al nuovo libro e a diversi articoli. La mattina in generale è dedicata alla creazione delle storie che spedisco ai lettori della mia newsletter, e quelle che pubblico tutti i giorni dallo scorso 27 febbraio sulla pagina di Facebook di Città nascosta Milano. Una sorta di #Decameron digitale, che a quello di Boccaccio è ispirato: una finestra aperta sulla città che da giorni porto nelle case degli oltre 41mila follower. Titolo iniziale #unastorialagiorno, al quale poi si è aggiunto #PillolediMilano, frutto della collaborazione nata con il gruppo Facebook Raduni Fotografici Milanesi: parole e immagini che viaggiano nel web e che stanno riscuotendo un certo successo. Ho capito che tengono molta compagnia, e questo mi rende felice e mi fa sentire utile. Il resto della giornata lo trascorro promuovendo il mio ultimo libro Milano nascosta. Dalle pietre romane alla città che sale, edito dalla Hoepli, uscito nel novembre 2019. E ancora: studio, leggo, ascolto musica, faccio yoga, cucino, telefono ad amici e parenti… Insomma, giornate piene!»

Smart working: hai un angolo dedicato?
«A casa ho il mio studio, con due postazioni. Una di fronte alla finestra per la scrittura ispirata e creativa. L’altra, più spaziosa, è la mia plancia di comando, dalla quale governo la mia produzione e i contatti con il mondo».

Che cos’è la casa per te?
«Un galeone, sempre pronto ad accogliere chiunque voglia farmi visita e condividere un po’ di strada, di vita e di sapienza, senza mai prendersi troppo sul serio. Ma altrettanto pronto a mollare l’ancora e salpare. La casa per me è il luogo dove il mio cuore vuole stare e dove i miei piedi sono felici. Quando il cuore soffre e i piedi si stufano, come Mary Poppins, aspetto che arrivi il vento giusto e cambio aria».

La stanza dove trascorri più tempo (e ti rilassa di più).
«Il mio pensatoio, la stanza da pranzo e la cucina, dove mi sto divertendo molto a inventare piatti che spero di poter replicare presto per gli amici».

Che cosa ti ha insegnato questa quarantena?
«Che tutti noi abbiamo una grande occasione per cambiare rotta. Per rinascere come umanità nuova, più compassionevole, più generosa, soprattutto più rispettosa del suo prossimo e del mondo che ci è stato consegnato in custodia e del quale non siamo padroni, ma solo maleducati e ingrati ospiti. E poi mi ha insegnato il valore delle parole “cura” e “responsabilità”. Due termini che mi auguro possano essere compagni di viaggio nella costruzione del futuro».

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