Continua l’appuntamento con il tour nelle case dei creativi per scoprire dove e come vivono questi strani giorni di quarantena. Oggi l’appuntamento è a Milano, a casa di Elena Tirinnanzi, architetto.

Come descriveresti lo stile della tua casa?
«È una classica abitazione “vecchia milano”, risale agli anni venti del secolo scorso. La sua originale bellezza sta nell’altezza dei soffitti, nelle grandi finestre in ferro battuto, nei telai delle porte, nei pavimenti decoratissimi. Il nostro contributo aggiunto sta nell’aver aperto i locali, eliminando corridoi e disimpegni, per adattare lo spazio alla vita della nostra famiglia e alle nostre dinamiche quotidiane. Questo ha avuto anche il bellissimo risultato di mettere in circolo, insieme alle nostre energie, anche luce, spazio, percorsi, visuali sul verde circostante».

Quali sono i pezzi chiave?
«Dico spesso che dovrei fare la “svuota cantine” perché adoro la ricerca e i ritrovamenti di oggetti e arredi dimenticati. Mi piace riutilizzare, scoprire la patina del tempo, calare in nuovi contesti vecchi mobili e soprammobili. Ciò che amo di più della nostra casa, oltre alla casa in sé, sono gli arredi anni ’50 che arrivano dai miei nonni: accostati ad oggetti più funky risultano leggeri e nuovi, insieme a pezzi di design e opere d’arte acquistano un’aura di nobiltà».

Ce n’è uno che preferisci su tutti?
«Amo tutto con la stessa intensità, ma adesso in cima ai miei sogni c’è la lampada pugliese che mio marito mi ha regalato per un anniversario, acquistata da Funky Table. Trovo che da sola riesca a dare un’atmosfera allegra e scanzonata a tutta la casa, sia da spenta sia da accesa, pur con una certa ricercatezza».

Che cosa fai in casa in questi giorni di quarantena?
«Tutto. La casa è la nostra scuola, palestra, cinema, ristorante, pasticceria, bar, e soprattutto, suona strano, ma è la nostra potente arma di difesa».

Smart working: hai un angolo dedicato?
«Siamo una famiglia di 4 persone, lavoriamo tutti insieme allo stesso tavolo: quello della cucina. Ogni tanto qualcuno si stacca per una video-lezione, una telefonata, una call. Ma di base siamo qui, attorno a questo tavolo, per non isolarci, restare insieme e supportarci».

Che cosa fai per staccare la spina?
«All’inizio del lockdown ci sembrava davvero di aver bisogno di staccare la spina, i ritmi erano sempre alti, con la necessità di chiudere certi lavori, sistemarne altri. Via via tutto si è rallentato: solo qualche mail, qualche disegno da scambiare con i clienti, sempre meno attenti. Tra le attività più gettonate: yoga, Instagram, libri, film».

Che cos’è la casa per te?
«È il luogo che deve farmi stare bene, accogliermi, trasmettermi belle sensazioni, sostenermi e alleggerirmi».

La tua stanza preferita.
«La nostra cucina-sala dove passo il 70% del mio tempo e che è circondata dal verde dei giardini. Ha la fortuna di essere baciata dalla luce più bella del giorno e della sera».

Che cosa ti ha insegnato questa quarantena?
«Io ho sempre lavorato da casa, passando tanto tempo tra queste quattro mura. Ho imparato a pulire da dio la cucina! Lo faccio 3 volte al giorno. Parlando di cose serie, invece, ho imparato ad ascoltarmi di più, a dedicarmi tempo e a capire come in futuro voglio impiegare le mie risorse».

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