Definire un artista “inclassificabile” oppure “fuori dagli schemi” è spesso un luogo comune, un’etichetta senza significato. Ma quando si parla di Nick Cave, musicista e songwriter folgorante e tormentato, questi termini assumono un significato completamente nuovo. Antidivo della scena underground, sintesi perfetta fra arte colta e influenze blues-punk, il frontman dei The Bad Seeds è sempre sfuggito alla catalogazioni. I suoi concerti sono veri e propri happening, quasi un corpo a corpo fra artista e pubblico. Performance in cui la sintonia fra musica e parole supera la semplice dimensione dello spettacolo per farsi pura rappresentazione.
Uno specchio scuro denso di implicazioni biografiche, attraversato da profonde immedesimazioni. In una sola parola il senso stesso della vita raccontato senza fronzoli e travestimenti; condensato senza filtri in uno storytelling originale e condiviso dall’altra parte del palco.
Attore per Wim Wenders ne Il cielo sopra Berlino (1987), romanziere e scrittore (le raccolte King Ink, 1988 e King Ink II, 1997 sono due testimonianze chiave del suo eccentrico percorso creativo, almeno quanto il visionario E l’asina vide l’angelo, pubblicato nel 1989), l’artista australiano sublima nella sua produzione gran parte delle contraddizioni e delle angosce della società contemporanea.
Dopo il successo del recente Ghosteen (2019), definito dalla critica tra i migliori album di Nick Cave & The Bad Seeds, ecco a Copenhaghen una mostra concepita come una full immersion nel mondo creativo del grande cantautore australiano. Con un allestimento immersivo “Stranger Than Kindness: The Nick Cave Exhibition” (di cui Gucci è main sponsor) riunisce oltre 300 oggetti che l’artista ha raccolto o realizzato in oltre 40 anni di carriera.
La rassegna, visibile fino al 13 febbraio 2020, è speciale anche per il luogo che la ospita: lo spazio espositivo The Black Diamond della Royal Danish British Library, che accoglie una delle maggiori raccolte di libri rari, manoscritti e archivi d’artista del nord Europa.
«La capacità di Nick di creare una forma spaziale e visiva di narrazione è davvero sorprendente», ha detto Christina Back, co-curatrice e co-designer della mostra insieme allo stesso Cave, e a Janine Barrand dell’Arts Centre Melbourne.
Il risultato è un racconto sospeso tra biografia e autobiografia: una narrazione tangibile, fisica, sensoriale in cui lo spazio e la scenografia sublimano le storie e i pensieri che attraversano la carriera e gli scritti di Cave.
«Quello che si vede in questa mostra vive nell’intricato mondo costruito intorno alla canzone o al libro, alla sceneggiatura o alla partitura. È il materiale da cui nasce e che alimenta l’opera ufficiale. C’è un’enorme quantità di questa roba periferica – disegni, cartine, liste, ghirigori, fotografie, dipinti, collage, scarabocchi e bozze – che sono la proprietà segreta e informe dell’artista. Non si tratta di opere artistiche, quanto piuttosto della sovrastruttura spiritata e compulsiva che porta con sé la canzone o il libro, la sceneggiatura o la partitura. Sono un sistema di supporto di informazioni maniacali e tangenziali», racconta Nick Cave.
Bozze, illustrazioni originali, testi di canzoni autografi, diari, fotografie, video, oggetti trovati e molto altro ancora: gli oggetti in mostra – selezionati dagli archivi dell’artista – sono una fonte inesauribile per esplorare la sua opera. Da qui prendono vita i suoi testi costellati di immagini fantasiose e personaggi intensi. Insieme a Warren Ellis, suo collaboratore musicale di lunga data, Nick Cave ha composto e registrato un paesaggio sonoro di 800 mq che fa sia da supporto che da contrasto alla narrazione fisica lungo le otto sale della mostra. Completano il progetto due installazioni create con gli artisti Iain Forsyth e Jane Pollard, che hanno scritto e diretto il lungometraggio 20,000 Days on Earth, nominato ai Bafta 2014.
Accompagna la mostra il libro Stranger Than Kindness (Canongate, 2020), con riproduzioni a colori di opere originali, testi scritti a mano, fotografie e oggetti personali, commenti e riflessioni di Nick Cave, di Janine Barrand e un saggio dell’acclamato scrittore americano Darcey Steinke.
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