Eternal Capri
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Quando ne parla, lo definisce “un libro che le è esploso tra le mani”. Per scriverlo, Lauretta Colonnelli, giornalista che si è occupata di cultura per una vita, da L’Europeo al Corriere della  Sera, ci ha messo quattro anni, la maggior parte dei quali dedicati alla ricerca. “Le Muse Nascoste” parla di donne e di storia dell’arte, delle figure femminili che emergono dalle tele, ma delle quali si sa poco o nulla. La sua ricerca è partita da lì, dal desiderio di conoscere le donne che la guardavano quando passeggiava per i corridoi delle gallerie e capire perché fossero diventate i soggetti di quei dipinti, dando loro lo spazio e la voce che fino ad oggi erano stati loro negati.

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, Firenze, Gallerie degli Uffizi

Lauretta Colonnelli ha studiato decine di biografie, sempre spinta dalla voglia di riportare a galla figure e vicende la cui memoria è andata perduta, ma senza le quali la storia dell’arte oggi sarebbe scritta in modo diverso. da Giunti, il libro racconta 16 storie di donne, muse di altrettanti artisti, da Botticelli a Hopper, a Cézanne, a Millais. Non solo coppie: i pittori nel corso della loro carriera si sono lasciati ispirare da dame da compagnia, amanti, sorelle, artiste, donne di potere. Con ognuna di queste si è sviluppato un rapporto, a volte di amore e devozione, altre di sopraffazione e violenza.

Grant Wood, American Gothic (1930), Chicago, Art Institute

L’idea è nata dal laccetto nero che Marguerite, la figlia di Henri Matisse indossava sempre. “Non un malizioso nastrino di velluto – scrive – bensì una fascia severa alta e spessa, più volte ripiegata su se stessa e annodata dietro alla nuca come un fazzoletto avvolto a proteggere da un mal di gola”. Lauretta Colonnelli non si è fermata alle versioni accreditate da alcuni storici dell’arte, che lo interpretavano come un omaggio all’Olympia di Manet.

Come è nata l’ispirazione per scrivere il libro?
«La fascetta nera che Marguerite ha intorno al collo mi ha fatto scattare la voglia di raccontare le storie di queste donne. Guardando i ritratti della figlia di Matisse, mi sono accorta che questo collarino era sempre presente, ma non avevo mai trovato niente che ne spiegasse l’origine, se non un riferimento a Manet. Ho iniziato a fare ricerche, ad andare a fondo. Quando inizio, non finirei mai. Così ho scoperto che il nastro copriva una profonda cicatrice che la ragazza aveva sul collo, provocata in un incidente». 

Paul Cézanne, La signora Cézanne in blu (1890),Houston, Museum of Fine Arts

E da qui è arrivato il collegamento tra queste donne e la storia dell’arte?
«Matisse con i ritratti di Marguerite ha cambiato il suo stile, utilizzando per la prima volta quella linea infantile che aveva visto usare dai suoi figli. Una linea che segue i contorni delle figure senza interruzioni e che diventò per lui il simbolo di una serenità ritrovata e che voleva infondere ai suoi osservatori. Anni dopo,  Marguerite fu catturata dalla Gestapo e subì torture per sei mesi. Riuscì a scappare, miracolosamente, ma le conseguenze di quello che aveva sopportato si potevano vedere sul suo volto e sul suo corpo. Fu così che Matisse riprese a disegnare i ritratti della figlia e, a ogni nuovo dipinto, il volto di Marguerite trova un po’ di serenità. Finché, nell’ultimo, appare finalmente in pace».

Filippo Lippi, Madonna col Bambino e due angeli, Firenze, Gallerie degli Uffizi

Le protagoniste del libro sono donne: mogli, amanti, sorelle. Cosa l’ha colpita del loro rapporto con gli artisti?
«Non ho cercato di raccontare le coppie, ma inevitabilmente ne ho trovate molte: nel libro compaiono Hortense Fiquet, la “donna mela” dall’espressione triste tenuta nascosta da Cézanne. Madre di suo figlio e così chiamata per le interminabili sessioni di posa a cui si sottoponeva in quanto soggetto prediletto del pittore. Josephine Nivison e Hopper, Lucrezia Buti e Filippo Lippi. Ma accanto a queste ci sono anche il Ghirlandaio e Lucrezia Tornabuoni, la sposa di Piero de’Medici, madre di Lorenzo il Magnifico, che ne gestiva le finanze e aveva contribuito a rendere Firenze la culla del Rinascimento. È a lei che il pittore deve la sua fama, e le rende omaggio. O ancora la nana di corte Lucia dipinta da Mantegna. In questo caso, ad esempio, il pittore ha messo in risalto una persona che di solito nelle corti veniva invitata per intrattenere, e sempre guardata dall’alto al basso. Mantegna, nella camera degli sposi la veste di abiti sontuosi, le dedica un posto d’onore e le dà modo finalmente di guardare il mondo dall’alto. Ho cercato le storie di queste donne e le ho inserite nel loro contesto storico e sociale per farle comprendere meglio. Non si tratta semplicemente di vita privata o pettegolezzo».

Sandro Botticelli, Madonna della Melagrana (1487), Firenze, Gallerie degli Uffizi

In diversi casi queste storie hanno rivelato un lato “oscuro”.
«Io sono partita dalla curiosità di raccontare queste donne e, con loro, la storia dell’arte. Molti di questi artisti hanno cambiato la loro tecnica dipingendole. Senza Gabriele Münter, compagna e musa che con lui aveva creato il Cavaliere Azzurro, Kandiskij non sarebbe diventato quello che è stato. Quando ho iniziato a raccogliere le storie, mi sono resa conto che queste donne sono state trattate veramente male e che stavo scrivendo un libro praticamente femminista. La mia intenzione era quella di non mettermi mai in mezzo, di non esprimere giudizi. “Le muse nascoste” non è un libro ideologico. Molti appassionati di Hopper sono rimasti sconvolti quando hanno scoperto i dettagli sul suo rapporto con la moglie. Lo stesso è accaduto per i retroscena relativi al ritratto di Sophie Gray dipinto da John Everett Millais, quell’inquietante intimità tra il pittore e la giovanissima modella. Io non mi sono eretta a censore: per quanto siano stati deprecabili questi uomini nella loro vita, non penso che la loro opera vada censurata. Bisogna condannare l’uomo e punirlo legalmente, ma se l’uomo è autore di un’opera sublime che aiuta a far capire e a far riflettere su certe cose è importante che questa rimanga esposta e visibile da tutti».

 

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