Il terzo appuntamento con #ADMyPrivateRoom è con Filippo Cirulli, Instagram trendsetter
e designer di calzature per Edhèn Milano insieme al socio e amico Filippo Fiora.
Ci ha aperto le porte della sua casa milanese e in questa intervista ci ha raccontato qualcosa di più sulla sua elegante dimora e su come trascorre le giornate di questa quarantena.
Come descriveresti lo stile della tua casa?
«Il mio appartamento di Milano, dove attualmente sto trascorrendo le mie giornate, si trova in Brera. Nello specifico nasce dalla ricostruzione di Palazzo Kramer, palazzo del ’700 offeso dai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale. La struttura della casa richiama le classiche piante milanesi di inizio ’900: tanti piccoli spazi con personalità definite creano carrè de portes unite da lunghi corridoi. Una tipologia di casa che si scontra nettamente con l’attuale trend dell’open space (che personalmente non mi ha mai fatto impazzire). Mi piace considerare la casa come un continuo processo, un ambiente flessibile che muta seguendo i cambiamenti di vita e di estetica del suo inquilino. Se fino a 4 anni fa lo stile di casa era decisamente classico, oggi celebra la mia passione per il modernariato – sublime quello francese anni ’70 – che dialoga con mobili e quadreria di antiquariato della mia famiglia».
I pezzi chiave: quali sono e da dove arrivano.
«I mobili e i complementi presenti in casa provengono da una mia personale, costante, inarrestabile ricerca. Non ho mai purtroppo sperimentato gioia nel contemplare il bello: il possesso è l’unico modo capace di mettere pace al mio animo irrequieto e al desiderio di sentire mio ciò che mi piace. Si, forse sono anche un po’ compulsivo. La mia cantina lo dimostra. Mercatini, siti on line, aste sono le principali fonti della mia ricerca».
C’è un pezzo che preferisci su tutti?
«Li amo tutti in egual modo per il fatto che ognuno è unico a modo suo. Odio le case fotocopia arredate con pezzi statement: gli stessi tavoli, le stesse illuminazioni, gli stessi divani che anche l’occhio meno allenato riconosce. Mi piace creare un effetto sorpresa così come creare uno spazio che non segua i classici canoni estetici della “casa bene”».
Come trascorri il tempi in questi giorni di quarantena?
«Ho iniziato, come penso un po’ tutti, dedicando anima e corpo alla cucina. Nonostante non sia mai stato appassionato e, detto in sincerità, sia anche un po’ negato, ho scoperto un piacevole passatempo. Rendendomi conto che non sarei potuto andare avanti per settimane sfornando quotidianamente pietanze ipercaloriche, ho incanalato le mie energie sulla pittura. Nella mia terza fase mi sono reinventato Martha Steward, condividendo tutorial sui social con tema la cura della casa. Mi diverte molto. Questi naturalmente sono gli hobby ma Filippo Fiora ed io, assieme ai nostri collaboratori, continuiamo a lavorare su nuovi progetti per Edhèn Milano e cerchiamo di affrontare in maniera proattiva il complicato momento che sta attraversando il settore moda. Diciamo che in questo periodo non mi annoio».
Smart working: hai un angolo dedicato?
«Avrei il mio ufficio ma non ci vado mai. Ad essere sincero mi mette ansia quella stanza piena di faldoni. Preferisco lavorare in sala da pranzo, circondato dalle cose che mi piacciono e che mi rendono felice. A mente serena sono molto più produttivo».
Che cosa fai per staccare la spina?
«Chiamo gli amici, ascolto musica, guardo vecchi film, inizio nuove serie TV, faccio un minimo di giardinaggio. Ah, dimenticavo. Mangio».
Che cosa rappresenta la casa per te?
«È lo specchio di ciò che sono».
La tua stanza preferita di questo appartamento.
«L’ingresso. Tutti gli ambienti della casa hanno una funzione ben definita: nella camera da letto dormi, nella sala da pranzo mangi, nella cucina cucini, nel salotto ti intrattieni. Ma la stanza dell’ingresso è quel non spazio senza una funzione definita se non quella di accogliere e di anticipare.
È l’equivalente di un’overture suonata a sipario abbassato, che anticipa il tema dell’opera che si andrà ad ascoltare. Allo stesso modo l’ingresso è la melodia che preannuncia ma non svela la casa. Questa sua funzione/non funzione rappresenta perfettamente il mio amore per le cose superflue. Che alla fine sono sempre le più belle».
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