Continua la serie #ADMyPrivateRoom con un inedito tour nelle case dei creativi. Oggi l’appuntamento è a Milano, a casa di Carolina Ravarini, designer e fondatrice dell’omonimo brand di gioielli.

Come descriveresti lo stile della tua casa?
«Ha uno stile composito. I mobili, gli oggetti e i colori scelti creano una concatenazione dagli anni 30 fino ai giorni nostri. Mi sono innamorata di questa casa fin dalla prima volta in cui la vidi, per la luce che ha e la posizione da cui si possono vedere sia le montagne che il moto continuo della città. Sono entrata a inizio febbraio dell’anno scorso. Questo periodo mi ha permesso di viverla tanto».

Quali sono i pezzi chiave?
«Gli specchi Ritorno disegnati da mio padre, l’architetto Paolo Ravarini, nel 2005, sono due pezzi creati con foglia d’oro, che si adattano perfettamente agli spazi, donando ancora più luce. Anche il quadro di Lucio del Pezzo, tra i fondatori di Gruppo 58 di Napoli, ha un’impostazione neosurrealista e neodadaista che trasmette subito un’emozione appena lo ammiri. È stato amore a prima vista. E poi c’è la lampada Luminator, disegnata negli anni ’30 da Piero Chiesa per Fontana Arte. Mi è stata regalata dai miei genitori e l’ho sempre avuto in tutte le mie camere fin da piccola».

Ce n’è uno che preferisci su tutti?
«Il carciofo ballerina, mi fa sorridere sempre. Per me, rappresenta la bellezza presente in ogni essere umano unita alla mia grande passione per il balletto, simbolo di grazia e libertà. Ammetto di non avere oggetti che non amo in casa. Trovo che non si debbano invadere gli spazi, ogni pezzo deve essere fortamente amato e voluto».

E quello che ti trasmette vibrazioni positive?
«Le farfalle, disegnate da mio padre nel ’75. Sono posizionate sulla parete per dare un senso di libertà assoluta. Quella libertà che abbiamo dato un po’ per scontata e che ora speriamo di riavere presto».

Un pezzo che tutti dovremmo avere?
«Le sedie Plia di Piretti per Anonima Castelli. Occupano poco spazio, sono bellissime e comode, specie se arriva un ospite in più».

Che cosa fai in casa in questi giorni di quarantena?
«Sicuramente vivo di più tutti gli spazi, non solo il mio studio. Disegno molto, ho iniziato a sperimentare qualcosa in cucina, mi occupo delle edere e delle rose nel terrazzo. Credo che per un creativo il dover diventare resiliente possa essere l’occasione di rimettersi in gioco e lo spunto per la nascita di nuove idee».

Che cosa fai per staccare la spina?
«Scrivo o vado a fare una passeggiata tra le vie della mia amata città. In questo periodo, poi, la visione di alcune strade deserte è abbastanza angosciante, ma può essere uno spunto di idee per immaginare. Camminare mi fa sparire le ansie e dà il via a nuovi processi creativi».

Che cos’è la casa per te?
«Un luogo in cui ci si può esprimere a 360 gradi, una realtà dove si è un tutt’uno con se stessi, dove i mobili, i colori e gli oggetti sono parte della propria essenza. È una dimensione completamente propria dove, se si vuole, vengono accolte altre persone, che si sentiranno ugualmente benvolute».

La tua stanza preferita?
«Il salotto, adoro passare il tempo a leggere libri o guardare film. In particolare mi piace stare sul divano insieme alla mia gattina Plumette. Anche lei condivide l’amore per questo spazio».

Quella dove invece trascorri più tempo?
«Il mio studio, in cui disegno e assemblo i prototipi delle nuove collezioni».

Che cosa ti ha insegnato questa quarantena?
«Credo che durante questo periodo molte persone si siano accostate al mondo del design, anche solo sbirciando in case altrui, come con AdMyPrivateRoom. Penso, e spero, ci sarà sempre più interesse verso le cose belle, le case saranno sicuramente molto più vissute e gli spazi saranno sfruttati al massimo, per permettere a ognuno di sentirsi libero anche in momenti in cui la libertà è una parola dubbia».

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