Utkan Gunerkan
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Identikit: Utkan Gunerkan, architetto, 28 anni, turco. Vive e lavora a Milano. Profilo Instagram: @utkang

Come e quando ti sei avvicinato al mondo del design?
«Sicuramente quando mi sono trasferito a Milano e ho visitato la Milano Design Week per la prima volta. Ho avuto la possibilità di conoscere tantissimi progetti di arredamento e di sperimentare. L’utilizzo dei social media per mostrare i miei progetti, poi, è stato definitivo per farmi conoscere. La mia passione nasce sicuramente da lavori non convenzionali di interior/visual design e sono particolarmente affascinato dal design del mobile, dal modo in cui le forme e i colori cambiano continuamente in periodi diversi».

Che cosa ti ispira di più?
«È una tendenza degli ultimi due anni: la grafica CGI (Computer-generated Imagery). Si possono ottenere infinite creazioni e possibilità molto vicine alla realtà. I designer che utilizzano questa tecnica hanno esplorato in profondità l’interior senza vincoli, creando spazi e scenari surreali che sono diventati oggetto di attenzione anche di occhi inesperti. Questa iper-realtà va di pari passo con la vita reale, le opere esistenti riescono a trasmettere stati d’animo di serenità o estasi semplicemente osservandole. Un nome di grande riferimento per me è sicuramente Ricardo Bofill».

Come descrivi la tua estetica?
«Solare, senza tempo, provocante. Sto cercando di creare spazi con forme e colori capaci di suscitare ricordi d’infanzia. Voglio offrire scorci del passato mentre creo nuovi spazi di condivisione».

C’è uno dei tuoi progetti a cui sei particolarmente legato o orgoglioso?
«Puerto Vallarta, in Messico, è stato il mio primo progetto in cui sono stato in grado di esprimermi davvero liberamente mantenendo il contesto e le richieste dei clienti al tempo stesso. Volevo creare uno spazio che evocasse sentimenti diversi come nostalgia e sicurezza. È stato il lavoro più lungo che abbia mai svolto. Ho continuato a progettarlo per quasi un anno con innumerevoli revisioni. È diventata una vera sfida in cui ho continuato a migliorarmi cercando di imparare davvero cosa significa “uno spazio che ha una memoria” che comunica con il cliente comprendendo il suo passato e le esigenze emotive per connettersi con il design. Credo che i nostri ricordi siano il fattore più importante nel processo di formazione delle nostre preferenze visive ed emozionali. Cerco di interpretare il passato e i ricordi dei clienti utilizzando il linguaggio architettonico contemporaneo fino ad arrivare al punto in cui diventa familiare e può emozionarci. Ottenere queste informazioni non è certo un lavoro di un giorno. È un processo in evoluzione. Durante la progettazione, abbiamo tutti le nostre preferenze estetiche e mentre le elaboriamo nella quotidianità, si trasformano in qualcosa di nuovo che contiene le vecchie idee».

Come immagini il mondo dell’arte 3D nel prossimo futuro?
«Il recente sviluppo negli anni ha reso i software 3D così facili da usare che sono diventati uno strumento per progettare, oltre che per visualizzare. Ora le persone cercano opportunità per trasformare le loro creazioni digitali in oggetti fisici, ciò significa che in futuro saranno utilizzate sempre di più. È stato così per me dal 2013 e per molti dei «designer digitali» che lo utilizzano da un decennio. In questo momento, è un trend. Ora vedo produttori spinti a pensare fuori dagli schemi per trovare nuovi metodi di costruzione e materiali. Quindi potremmo anche perdere il senso del termine di arte 3D, e iniziare a vederlo come una possibile realtà alternativa».

 

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