#ADLoves Rimadesio
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Ormai sembra averci fatto l’abitudine: «Nel mondo ci sono centinaia di aziende che copiano le nostre collezioni», dice col suo incedere affabile. «Tempo fa sono entrato in due magazzini russi e ho visto i miei prodotti: da dieci metri di distanza sembravano uguali. Da vicino, non c’era paragone».

Insieme al fratello Luigi, direttore finanziario, Davide Malberti da oltre trent’anni è alla guida di Rimadesio, azienda che ha traslato il saper fare brianzolo nella nicchia ad alto valore tech delle porte scorrevoli. Un’avventura iniziata grazie all’incontro con l’architetto Giuseppe Bavuso durante una «cena tremenda» in un ristorante italiano di Colonia: «Il vetro lo conoscevamo bene ma l’alluminio non l’avevamo mai lavorato. Lui ci spinse a non usare fornitori esterni per creare una distanza coi concorrenti: dopo tre anni di esperimenti venne alla luce Siparium, che ancora oggi è tra i best seller del catalogo».

Nulla di cui stupirsi, se si pensa che Gio Ponti, per creare la Superleggera, impiegò sei anni di prove e studi. Tecnologicamente il mondo Rimadesio è ancora più spinto: 60 milioni di fatturato di cui 23 in Italia, una sede a Giussano in un pregevole edificio degli anni Settanta, l’azienda si muove in un mondo di rotaie e ingranaggi, incastri e fluidità del gesto, pesi importanti che devono apparire leggerezze. L’alluminio è italiano e riciclato al 100%. Così come il vetro, che ritorna in circolo dopo una fusione a millecinquecento gradi. E tutta la sede produttiva è ricoperta da cinquemila pannelli fotovoltaici capaci di immagazzinare l’energia grazie a un impianto di stoccaggio agli ioni di litio, prima realtà manifatturiera in Europa a dotarsi di una simile attrezzatura. Un’elettricità verde che muove una mente profondamente lombarda: «Quando vado all’estero vedo tante realtà ben piazzate sul mercato, scandinavi, tedeschi, in rari casi francesi e americani. Ma nessuno ha la nostra capacità di personalizzare, di adeguarsi ai gusti e cambiare in velocità le collezioni».

Davide aveva appena vent’anni, e una gavetta nella ricerca e nello sviluppo, quando il padre decise nel 1983 di consegnargli le redini dell’azienda. «Essere giusto ed equilibrato: questo il valore più importante che mi ha lasciato». Come accade in molte realtà dell’eccellenza manifatturiera brianzola, in fabbrica tutti si rivolgono a lui col semplice nome di battesimo: «Perché siamo un gruppo, non un’istituzione gerarchica». Discreto tennista da ragazzo, oggi la sua passione extra-professionale è lo ski-alp, declinazione dello sci-alpinismo dove si risalgono le pendenze con pelli di foca sotto gli sci: «Sono un uomo che ama le salite, nella vita come nel lavoro».

E una salita è di certo il momento difficile vissuto dalla manifattura, in Italia e nel mondo. «Copriamo il mercato con cinquantacinque showroom: dovremo organizzare un Salone in tutti i nostri negozi». Anche perché sono diverse le novità da presentare. Uno sviluppo del sistema di boiserie attrezzata Modulor, nuovi vetri semitrasparenti impreziositi da fibre tridimensionali, inedite madiature per il sistema Cover, un tavolo in pressofusione d’alluminio, oltre a essenze in legno proposte per il mondo delle cabine armadio. Senza dimenticare il settore contract, rivolto alle grandi commesse per hotel, uffici o sontuose residenze private. «Abbiamo appena consegnato a una coppia araba una cabina armadio destinata a occupare tutto il quinto piano della loro casa, che ne ha undici in totale. Con un ripiano lungo nove metri, un pezzo unico, perché i padroni di casa non gradivano saldature. Una precisa richiesta della signora: doveva sistemarci sopra la sua collezione di scarpe».

(intervista raccolta da Raffaele Panizza prima del lockdown, pubblicato sul n. 463, aprile 2020)

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