Vittorio Gregotti
Vittorio Gregotti
Vittorio Gregotti
Vittorio Gregotti
Vittorio Gregotti
Vittorio Gregotti
Vittorio Gregotti nel 1975.

Vittorio Gregotti, morto oggi, è stato uno degli architetti italiani più famosi nel mondo.
Nato nel 1927 in provincia di Novara e laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1952, con i suoi progetti – molto spesso grandi opere pubbliche – ha parlato un linguaggio asciutto, universale e severo. Fatto di estrema razionalità.

Per alcuni anche troppa: in Italia il suo nome è collegato allo Zen di Palermo, quartiere difficile che nel tempo molti suoi colleghi hanno fatto oggetto di infinite critiche. Perché lo Zen, come tante delle opere firmate dal grande lui, nasceva da un’idea urbanistica astratta. Forse poco adatta alla vita quotidiana e al suo disordine.

Le grandi architetture ideate da Gregotti sono delle machines à habiter che pretendono molto da chi le utilizza: ordine, innanzi tutto. È quello che spaventa molti, ed è la sensazione che si prova visitando un quartiere come quello milanese della Bicocca. Un’immensa area di fabbriche dismesse di cui nei primi anni ’90 ha disegnato il masterplan, reinventandola e ridandole vita. Strade diritte, angoli a 90°, uniformità di stile. Ma al tempo stesso anche un gioco di volumi e di altezze che crea un ritmo urbano totalmente nuovo. Un’operazione da grande utopista. Ma anche con una dimensione umana, perché il masterplan sembra fatto con un gioco di costruzioni. Come se l’architetto si fosse in fondo divertito a fare quegli archi e quelle simmetrie.

Tutti i suoi progetti del resto inseguono un ideale di esattezza. Hanno spesso il fascino muto delle architetture metafisiche: nel suo lavoro abbondano le simmetrie, le specularità, le geometrie pure. Che in alcuni progetti, come nel Teatro Lirico di Aix-en-Provence (Francia, 2003 – tra quelli che Gregotti amava di più), acquistano una forza evocativa speciale. Qui gli elementi base – il cerchio, la linea retta – evocano i colossali strumenti astronomici che il maharaja Jai Singh II aveva fatto costruire nell’India del 18esimo secolo: edifici che portavano al sapere, che elevavano l’uomo. Il sogno più nobile di ogni architetto.

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