Generazione Ilas: Intervista a Francesco Leonardo

Francesco Leonardo, jack-of-all-trades napoletano, classe 1989. Dopo essersi diplomato in Web Design, Graphic Design e Pubblicità alla ILAS, ha avviato collaborazioni con agenzie di comunicazione di rilievo nazionale, curando numerosi progetti di Brand Identity, Web, Software, Grafica Editoriale e Advertising.  Nel 2015 torna alla Ilas in qualità di docente nel Corso di Web Design Pro Responsive. Dal 2016 è in Magma, importante realtà ICT, dove cura la direzione creativa e UX per progetti di medie e grandi dimensioni, offrendo consulenza tecnica e metodologica a clienti internazionali tra cui aziende Fortune 20. “Ci sono molti modi di risolvere un problema, ma uno solo è quello giusto”.  Vive la sua professione secondo questo dettame, che si riflette anche sull’approccio che ha alla sua altra grande passione: la cucina.

L’Intervista

(Urania Casciello) Sul tuo sito ti descrivi così: Strategist / Designer / Developer, dicci qualcosa in più di questi tuoi tre ruoli.

 

(Francesco Leonardo) I cappelli e le maschere sarebbero anche molti di più; in dipendenza dalle dimensioni e peculiarità delle realtà organizzative con cui ho collaborato, nella mia storia professionale mi sono occupato di molte cose diverse nell’ambito della comunicazione e della tecnologia. Strategia di comunicazione e Strategia d’identità; progettazione grafica, editoriale, web e di prodotto UX/UI; architettura e produzione software; formazione; direzione creativa, advertising e marketing. Si è capito che non so ancora cosa voglio fare da grande?

 


A cosa stai lavorando attualmente?

 

In questo periodo il mio impegno principale è una consulenza di technical architecture per un’azienda multinazionale leader del settore retail e wholesale farmaceutico; in particolare negli ultimi mesi mi sto occupando di abilitare e facilitare il cambio di paradigma, da sviluppo tradizionale a Development-as-a-Service, che nasce da una strategica partnership tecnologica con Microsoft, su un progetto distributed large-scale enterprise software per il dominio B2E Pharmacy.

 

Da dove viene la tua ispirazione? 

 

Nel lavoro cerco di farmi guidare esclusivamente dalla ricerca: molto spesso le idee vincenti che mi guidano per un progetto vengono da vittorie, mie o altrui, in settori diversi; per questo motivo mi piace moltissimo informarmi sugli argomenti più disparati, perché credo ci sia sempre valore nascosto in ogni ambito e linguaggio. C’è però sempre una componente di intuito, a cui lascio fare la sua parte, collegando in modo inconscio e inaspettato tutti gli stimoli ricevuti.

Che ricordi hai del tuo percorso di studi alla ilas?

 

Ricordi preziosi principalmente legati alle persone che ho incontrato, altri studenti e docenti; nel periodo di studi ho stretto amicizie che resistono ancora oggi e collaborazioni che mi hanno lanciato nel mondo del lavoro.
Ritornare da docente è stato bello anche perché ho potuto vedere lo stesso tipo di fermento nel fare network in molti studenti della “nuova generazione ILAS”.

 

Hai sempre saputo di voler fare questo lavoro?

 

Assolutamente no. Da bambino ero certo che sarei diventato un paleontologo; da adolescente, un medico; da quando ho frequentato ILAS, ed ho iniziato a lavorare in questo campo, ho esplorato e cambiato molti ruoli, e ad oggi ancora non ho ben capito cosa faccio di mestiere.

 

Qual è la sfida più grande che hai dovuto affrontare?

 

Qualche anno fa mi sono trovato a combattere per promuovere un cambiamento in un processo metodologico di sviluppo software; ero convinto del valore benefico per tutti della mia idea, ma mi sono trovato a scontrarmi con l’agenda personale di diversi gruppi in questa organizzazione, interessati a mantenere lo status quo a discapito del benessere del progetto. Spoiler alert: in quella occasione ho fallito. Sequel: ho cambiato titolo alla proposta, ci ho riprovato qualche mese dopo, e ci sono riuscito.

C’è qualcosa che ti non ti piace o che cambieresti del tuo settore professionale?

 

Credo che il mio ambito di competenze soffra di un disequilibrio comune al terziario avanzato in genere: dove ci sono le competenze talvolta non c’è budget; dove c’è molto budget talvolta le competenze non contano; dove c’è molta dedizione al lavoro spesso si trascura l’aspetto umano. E combinazioni letali delle precedenti.

 

Web e Social, forza o debolezza per il tuo lavoro? 

 

Ogni fenomeno culturale è specchio del suo tempo e contesto, ed oggi la comunicazione che davvero funziona è quella che vede il consumatore come primo content creator. In questa evoluzione, e in tutto ciò che verrà, vedo solo opportunità positive per il mio lavoro, perché comunicazione e tecnologia dovranno sempre essere al passo per supportare ed abilitare questi fenomeni.

 

Cosa ti tira giù dal letto la mattina?

 

Ogni giorno ho la possibilità di imparare qualcosa di nuovo: tecnologie, linguaggi, approcci. Viviamo in un tempo di informazione accessibile e voglio godermela appieno. Il mio lavoro poi mi offre la grande opportunità di imparare e di essere pagato per farlo.

Che consiglio daresti a chi si approccia adesso al tuo lavoro?

 

Concentrarsi sull’acquisire competenze, ma comprendere bene che in comunicazione e in tecnologia, dove tutto diventa obsoleto nel giro di un istante, quello che davvero ci da valore come professionisti è la forma mentis che un’esperienza lavorativa, un mentore, o un percorso di studi può dare.

 

So che hai viaggiato/viaggi molto per lavoro. C’è una città dove ti sposteresti subito?

 

Chicago è già come una seconda casa per me, dato che ci passo una parte considerevole del mio tempo; oltre alla bellezza architettonica, la cultura gastronomica e brassicola, e l’anima blues della città, quello che apprezzo particolarmente è l’alto valore che le persone danno al lavoro di tipo intellettuale, e non avrei problemi a spostarmi lì. La verità è che oggi è così facile viaggiare che non avrei difficoltà a trasferirmi in qualsiasi (grande) città del mondo, con il giusto incentivo.

 

Una parola che ti rappresenta?

 

Fluido. 

Una parola che vorresti eliminare dalla terra?

 

Inerzia. Non la proprietà fisica ovviamente, mi riferisco all’immobilità e alla riluttanza che spesso attanaglia le persone e le organizzazioni nel promuovere il pieno potenziale di un’idea o di un progetto.

 

Se tu fossi una canzone?

 

Penso ce ne sia una diversa per ogni stato d’animo, ma non posso che dirti “Don’t Stop Me Now”, perché sono alla 6ª tazza di caffè della giornata.

Come descriveresti il tuo lavoro ad una persona del 1800?

 

Non dovrebbe essere troppo difficile considerando le rivoluzioni industriali che hanno già caratterizzato il suo tempo; proverei a spiegargli che una rivoluzione tecnica e sociale non ha mai smesso di avvenire, e che anzi oggi i cambiamenti sono esponenzialmente più frequenti; e che quindi fondamentalmente il mio lavoro oggi prova a mettere insieme l’ergonomia umana e le soluzioni tecniche contemporanee per efficientare i processi produttivi. Ascoltando la risposta che ti ho appena dato mi sto rendendo conto che sono partito dal presupposto che il mio interlocutore ottocentesco appartenesse all’upper class londinese. Riformulo per un campione più rappresentativo: capocantiere.

 

Cosa ti aspetta per il futuro?

 

In maniera sempre più concreta, intelligenza artificiale e machine learning si stanno facendo strada nel mio quotidiano; vedo questo consolidarsi nel breve termine. Del lungo termine non ho la più pallida idea, e la cosa mi affascina molto.

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Urania Casciello{authorlink}

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